Il Blog Italiano Interamente (o quasi) dedicato alle Tradizioni e ai Riti Neopagani Celtici e Indo-Europei

domenica 10 febbraio 2013

Rituale druidico passo dopo passo

Inizio col chiedere umilmente perdono. Sono in assoluto, allarmante ritardo sui tempi, ma ho una buona scusa: ho avuto ben altro per la testa. Alberi da potare, erba da sfalciare, corse contro il (mal)tempo per dare una rimescolata al terreno prima di vederlo trasformarsi in una colata di fango, articoli da tradurre, grattacapi e soprattutto sonno, tantissimo sonno.
Ma bando alle ciancie che il post è già lungo di suo!

Rituale druidico passo dopo passo

È necessario iniziare con una premessa: l’universo Neo-pagano basato sulla cultura celtica è un mosaico di varianti tra le più disparate.
Non volendo fare un discorso complesso che mi porterebbe un bel po’ fuori dal seminato (rendendo questo post lungo quanto una notte al Polo Nord), mi limito a dire, in parole poverissime, che a oggi esistono tre grosse branche distinte di pensiero in seno al paganesimo di stampo celtico: la “Senistrognatana”, il “Druidismo” e la “Keltriana”. I primi, “ricostruzionistici”, danno più enfasi alla veridicità storica e cercano di ricostruire quella che fu la vera religione degli antichi Celti; i secondi, più eclettici, mirano a creare una religione “ispirata” a quella degli antichi Celti, conservando comunque al loro interno (con diversi gradi di sfumature) elementi new age; la terza, onestamente, ancora non l’ho capita.
Ecco: la branca nella quale mi muovo io è quella del Druidismo. Per essere più specifici, mi rifaccio soprattutto al ramo probabilmente meno “new age”: quello dell’ADF (Ár nDraíocht Féin). Perché? Vari motivi tra i quali il primo in assoluto è che quello dell’ADF è l’unico sito (almeno, tra quelli da me visitati) nel quale non devo per forza di cose pagare cifre esorbitanti, quindi iscrivermi ufficialmente e di fatto aderire a “scatola chiusa” alla loro associazione, prima di poter leggere anche un solo rituale, o semplicemente trovare la solita pagina “domande e risposte” così da capire se, in effetti, mi ritrovo con il loro modo di pensare o meno. Il secondo motivo è che, nonostante tutti i miei sforzi, non riesco proprio a semplificarmi la vita e giustamente devo andare a pescare nel mazzo l’associazione geograficamente più distante e organizzativamente più complessa.

Altra piccolissima premessa: sto ancora studiando i vari e molteplici articoli riguardanti i rituali, quindi probabilmente qualche piccolo passaggio mi sarà sfuggito. Gli articoli, in inglese, sono disponibili in blocco all’indirizzo http://www.adf.org/rituals/. Se voleste darmi una mano o se aveste integrazioni o correzioni da fare (ambito celtico, non “new age”, please) siete i benvenuti.
In generale...

Come si svolge un rituale druidico

Consacrazione del tempo
In parole povere, consiste nell’annunciare pubblicamente che il rito può avere inizio. Ad esempio si possono usare le frasi: “Siamo qui per onorare gli Dèi” e “Oh, Dèi, i quali poteri donano vita a tutto ciò che respira, siate con noi in questo luogo”. Se è possibile, si può anche suonare una campanella o anche, dopo la frase di apertura, darci sotto con un po’ di musica (meglio se tradizionale) per qualche minuto, tanto per “calarsi” meglio nello stato mentale da “rito sacro”.
Consacrazione dello spazio
Per un luogo normalmente utilizzato per cerimonie religiose, tutto ciò che serve è avanzare all’interno del boschetto con la chiara intenzione di “attivare” la sacralità del luogo. Al contrario, in un luogo normalmente vissuto come “mondano”, bisogna marcare con chiarezza il perimetro dello spazio che si intende usare: lo si può fare semplicemente camminando lungo tale perimetro oppure marcandolo più fisicamente tramite paletti, pietre o un semplice solco nel terreno. Ciò va fatto non solo per noi che dobbiamo celebrare il rito o semplicemente per creare la corrispondenza con il Cosmo ordinato, ma anche per far sapere alle entità estranee al rito dove esattamente non devono entrare. Al contrario di altre tradizioni Neo-pagane, infatti, in un rituale druidico generalmente non si creano cerchi protettivi per “tenere fuori” le energie indesiderate; piuttosto, si preferisce chiedere cortesemente alle potenze del Caos di stare alla larga, distraendole con una piccola offerta e facendo poi affidamento sulla protezione offerta dai nostri Kindreds (Affini o anche Alleati) in caso tali energie estranee (Outsiders, Outdwellers) decidessero di interferire con il nostro rito. Inoltre, “tenere fuori” le energie indesiderate significa anche “tenere dentro” le nostre energie, il che è esattamente il contrario di ciò che vogliamo ottenere. Un rito celtico, infatti, non è un rituale magico nel senso comune del termine: non serve a creare o a lanciare incantesimi per cui ci si aspettano gravi interferenze esterne o per il quale serve concentrare la propria energia in un luogo “chiuso”; piuttosto, serve a connettere il nostro mondo (il Microcosmo) con l’Universo (Macrocosmo), far fluire l’energia dell’uno nell’altro, ordinare il caos intrinseco dell’uno secondo gli schemi dell’altro così da ottenere l’armonia tra i Mondi.
Secondo alcune interpretazioni, addirittura non vi è necessità di segnare i confini dello spazio sacro e si ritiene che tale spazio finisca dove finisce la luce del Fuoco centrale.
Altra particolarità del rito druidico è il non chiamare i Guardiani delle Torri Elementali come invece viene fatto da altri Neopagani. Non è necessario ed ha poco senso in questo caso se si pensa che i Celti, così come gli Indo-Europei, con ogni probabilità non avevano una visione del Cosmo tipicamente Giudeo-Cristiana (Terra, Acqua, Aria, Fuoco più Spirito) ma piuttosto tripartita (Terra, Acqua, Cielo più Fuoco), dalla quale deriva la “famosa” Triskell nonché l’immagine della Triplice Dea, non a caso comune a tutte le religioni pagane Indo-Europee.
In parole povere e per riassumere: lo spazio lo si consacra delimitandolo chiaramente, con o senza ausili fisici quali pali di legno, pietre etc., ma soprattutto volendolo.
Offerta agli Estranei (Outsiders, Outdwellers)
Lo spazio del rituale rappresenta il Mesocosmo: il punto di contatto tra il Macrocosmo (l’Universo) e il Microcosmo (il nostro mondo); il luogo in cui le forze ordinate del Cosmo interagiscono, grazie al nostro intervento, in maniera più efficace con noi e con ciò che ci circonda fisicamente. Di fatto, noi ricreiamo l’ordine del Cosmo su un piano più vicino a noi: abbastanza vicino a noi da poterci “entrare” senza per questo doverci astrarre e abbastanza vicino agli Dèi, ai Sidhe e agli Antenati da consentire loro di raggiungerci senza sconvolgere il nostro mondo fisico.
Pensato dalle popolazioni Indo-Europee e rappresentato molto bene dall’Albero nordico Yggdrasil, il Cosmo appare come una sorta di “bolla” ordinata, circondata dalle incostanti forze del Caos. Scientificamente parlando, con termini poco scientifici, lo ammetto, il Big Bang, ovvero il momento in cui l’Universo ha iniziato ha esistere, ha per primo generato un casino pazzesco di particelle subatomiche di materia e antimateria in continua collisione che solo dopo si è più o meno ordinato in atomi, stelle, galassie eccetera.
Il Caos precede l’Ordine. In questo senso, il Caos si arresta solo dopo aver fatto Ordine. Per questo, in genere si preferisce prima segnare i confini di tale Ordine, poi chiedere agli Estranei di rispettarne i confini e solo dopo connettere lo spazio sacro al Cosmo.
Nel rispetto della visione cosmica, si pone un altare per gli Estranei giusto fuori dal perimetro dello spazio sacro. E cosa si offre agli Estranei per tenerli quieti? Ma una buona ubriacatura di birra, ovviamente!
Meditazione: armonia
Risolta la questione territoriale con gli Estranei, in genere si passa alla fase successiva: creare un’armonia mentale tra i partecipanti al rito. Tale si ottiene attraverso una triplice meditazione.
Attraverso la prima (“Centering”) il singolo partecipante trova il suo centro all’interno del proprio corpo; la seconda (“Grounding”) serve a connettersi con la Madre Terra; la terza (“Groupmind”) serve a far sì che ogni individuo si sintonizzi sulla stessa “lunghezza d’onda” degli altri membri del gruppo, sperimenti le stesse emozioni e veda nella mente le stesse immagini. Tale si ottiene non solo attraverso la meditazione individuale, ma anche (e soprattutto) ricordando alla congregazione ciò che si ha in comune (antenati, credenze, relazioni con il divino etc.), cantando in coro o promuovendo altre attività capaci di creare un senso di unità che permetterà la circolazione dell’energia psichica all’interno del gruppo.
Essendo una solitaria (non ho, purtroppo, un gruppo con cui effettuare i riti), in genere cerco di connettermi con il resto del mondo oppure, se in quel momento non ho proprio l’animo di pensare bene del mio prossimo (e capita, non c’è nulla di male), piuttosto che mentire agli Dèi, preferisco connettermi esclusivamente con la Natura.
Da qualche parte, prima o dopo il raggiungimento dell’Armonia, non ho capito bene quando (troppi controsensi, troppe idee discordanti nei rituali letti, troppi silenzi negli articoli presi in esame), si invoca la Madre Terra. In genere, lo faccio prima della meditazione oppure in concomitanza con essa.
Sempre da qualche parte (anche questo punto è poco chiaro) è utile riordare ad alta voce per quale motivo si sta effettuando questo rituale e quale divinità in particolare (e perché) verrà celebrata in tale occasione.
Creazione dell’Asse Verticale o Axis Mundi
Abbiamo creato l’Armonia, siamo un’unica mente con un solo scopo, il Caos è tranquillamente fuori dai nostri confini... è il momento di creare il Mesocosmo. Come? Connettendo i nostri elementi simbolici con quelli cosmici: dando potere al pozzo attraverso un’offerta di argento, cristallo o altri oggetti lucenti lasciati cadere direttamente dentro le sue acque; alimentando il fuoco (secondo alcuni autori, addirittura accendendolo solo adesso, cosa che sconsiglio vivamente: è scomodo, crea confusione e fa perdere un sacco di tempo); lasciando cadere un po’ d’acqua del Pozzo (in maiuscolo perché non è più un pozzo comune, ma IL pozzo) nell’albero e lasciando che il fumo del Fuoco lo investa.
Da questo momento in poi, siate aggraziati, ordinati e consapevoli, perché tutto ciò che verrà fatto all’interno dello spazio sacro avrà effetto sul Cosmo e sul mondo. Non per mettervi sotto pressione!
Apertura dei cancelli tra i Mondi: invocazione al Guardiano della Soglia
Dato forma al piano, è necessario invitare i Kindreds a partecipare al rituale. Per far giungere i Kindreds, però, si devono aprire i cancelli tra i mondi. A questo scopo, si invoca il Guardiano della Soglia (Gatekeeper). In molte occasioni viene chiamato a tale scopo Oghma, ma si può anche optare per Manannan (che personalmente chiamo nella versione gallese, ovvero “Manawydan”).
Il mio primo rituale druidico “serio” prevedeva l’invocazione a Cernunnos in qualità di Gatekeeper; da allora, uso chiamare sempre Lui.
P.s. Nota di pronuncia: Cernunnos = “Kernunos”.
Dopo aver richiamato l’attenzione del Gatekeeper si passa all’apertura vera e propria dei cancelli: ci si rivolge per prima cosa al Pozzo, visualizzandolo come porta dell’Aldilà; di seguito al Fuoco, visualizzandolo come porta del Cielo; infine, ci si rivolge all’Albero, il quale rappresenta il luogo di passaggio e di incrocio tra i mondi. Ovviamente non li si guarda e basta. Chiaro e tondo, ho trovato scritto una sola volta questa frase: “make an opening triskel over the Well/Fire/Tree”. Chiaro come una notte senza luna mentre imperversa un temporale!
La cosa più ovvia che mi è venuta in mente di fare è stata quella di girare attorno al Pozzo/Fuoco/Albero tre volte in senso orario per aprire e in senso antiorario per chiudere.
Di recente ho visto su Youtube un video dell’ADF dove viene mostrato un semplice rito di offerta per solitari e ho notato che il celebrante: 1) non apriva le porte una per una ma tutte e tre insieme; 2) per aprire i cancelli formava tre cerchi orari a mezz’aria, di fronte al viso, con le mani giunte, per poi aprire le mani come a voler separare l’aria; 3) al contrario, per chiuderli faceva gli stessi cerchi (o forse erano antiorari, giuro che non l’ho capito) a mani aperte per poi congiungere i palmi. E probabilmente è quel gesto che si intende per un “opening triskel” o un “closing triskel”.
Invocazione di Brighid
Prima e unica volta (fino ad ora) in cui ho visto comparire questo punto in particolare all’interno della “scaletta” è stata nell’articolo firmato dal compianto Isaac Bonewits (che ora sto in parte traducendo e in parte riassumendo e in parte usando come spunto). Spiegazione del perché bisognerebbe invocare Brighid? Per mantenere l’equilibrio. Avendo al nostro fianco già una divinità maschile, è utile chiamarne una femminile, e siccome Brighid, Signora dell’ispirazione, è la patronessa dei Bardi... chi meglio di lei?
Purtroppo, per il rito di Imbolc è un problema: essendo l’ospite d’onore, Brighid viene in genere invocata più tardi.
Fortunatamente, i rituali non sono “scolpiti su pietra” e possono essere modificati.
Invocazione dei Kindreds
È la volta di dare il benvenuto ai nostri alleati. Per primi vengono invocati, in genere, gli Antenati, e lo si fa rivolgendosi al Pozzo. Per secondi ci si rivolge ai Sidhe (Spiriti della Natura), fronteggiando l’Albero. In ultimo, rivolti al Sacro Fuoco, si chiamano gli Dèi in generale.
Alcuni, comunque, preferiscono chiamare prima i Sidhe, poi gli Antenati e infine gli Dèi per mantenere il principio di: “fertiltà, mortalità, divinità, trascendenza”.
Insieme a ogni invocazione, si usa fare un’offerta: salvia per gli antenati, olio per gli Dèi, mix di erbe per i Sidhe [a proposito, si pronuncia shiið]. In cambio delle offerte, chiediamo il loro aiuto per portare a termine il rituale e, soprattutto, la loro benedizione.
Per quanto riguarda l’invocazione agli Dèi, di norma si chiama un pantheon in particolare, cercando però di non eccedere nel “numero degli invitati”: ricordiamoci che le divinità sono decisamente molto potenti, che ognuna di loro riverserà la sua benedizione (in termini energetici) su di noi e che l’eccesso di energia più che farci bene potrebbe stordirci o, per chi non è abituato, persino farci collassare. Fate dunque un respiro bello profondo, apritevi il più possibile e, se per caso praticate meditazione orientale o roba simile, ricordate di darvi una lucidata ai chakra prima ancora di iniziare il rito!
Chiamando ogni gruppo di entità, dal centro si innalza in risposta un arco di energia che fluisce all’interno della coppa (o del contenitore, se il gruppo è grande) che contiene l’Acqua della Vita (così è chiamata, “Waters of Life”, anche se sembra possa essere più che altro wiskey, birra o idromele più che “acqua” vera e propria) la quale viene di volta in volta passata tra i membri o, al limite, usata per aspergere i partecipanti al rito.
Anche qui, punti oscuri a non finire. Non è chiaro dove debba trovarsi la coppa o il contenitore e da cosa sia davvero composta questa “acqua” che non sembra essere acqua. Di norma, io uso tenere in mano la coppa piena di birra e mi posiziono di volta in volta accanto ad ogni elemento simbolico (il Pozzo quando chiamo gli Antenati, l’Albero per i Sidhe, il Fuoco per gli Dèi) quindi la svuoto per un terzo così da ripulirla al termine della triplice invocazione.
Secondo alcuni testi, si devono disporre dei contenitori per raccogliere le offerte fatte all’Albero; secondo altri, tutte le offerte vanno bruciate al Fuoco. C’è chi, invece, preferisce predisporre tre altari differenti, ognuno dedicato ad un elemento (Acqua, Terra, Cielo): in questo caso, l’invocazione agli Dèi va fatta all’altare del Cielo.
Ah, a proposito: ciò che è offerto è offerto e non va ripreso, quindi attenzione ai doni che decidete di fare!
P.s. Questa ultima disposizione, quella dei tre altari, l’ho “scoperta” da poco e onestamente mi piace tanto che credo la adotterò per il prossimo rituale. Già penso a tre altari ognuno con la sua ciotola di rame pronta a bruciare le offerte. Non è carino?
Invocazione della o delle divinità cui il rito è dedicato
Ogni festività celtica è dedicata a un Dio o a una Dea o a una coppia o a un piccolo gruppo di divinità: Imbolc è dedicata a Brighid; Beltane è dedicata a Belenos e a Dôn (o più genericamente “al Lord e alla Lady”); Lughnasad a Lleu Llaw Gyffes (anche chiamato in irlandese Lugh); a Samhain si possono chiamare Morrigan, Arawn, Donn (da non confondere con la Dea Dôn!) o anche Manawydan o persino Arianrhod. Per quanto riguarda le altre quattro (Yule, Eostre, Litha, Mabon) che celtiche non sembrano proprio essere, vi si possono associare le più svariate divinità legate al sole o al raccolto. (N.B. “Eostre” è anche il nome di una Dea germanica, mentre “Mabon” o “Maponis” è il nome di una divinità celtica).
Richiamata l’attenzione della divinità in questione le si deve immediatamente offrire un sacrificio. Di che tipo? Qualunque cosa generi energia psichica in grande quantità. Non essendo molto carino darsi a un’orgia di sangue (è passato di moda ormai, fa troppo “vecchio stile”) si ovvia in qualche altro modo: danze, canti, rappresentazioni teatrali (in tema, per carità)... Si possono offrire in sacrificio frutti di stagione, immagini votive, poesie... soprattutto, si offre in sacrificio energia.
Non per ripetermi o per farmi bestemmiare contro (come i ben pensanti si affannano sempre a fare alla prima occasione), ma è a tale scopo che gli antichi facevano sacrifici di sangue: per generare, in un colpo solo, una grande quantità di energia psichica da offrire in dono alla divinità. Non pensavate mica che gli Dèi, davvero, si nutrissero di sangue! No: è l’energia l’elemento essenziale. E, purtroppo, non ci sono molti modi per ottenere questo effetto, a parte un’orgia di sesso o una meditazione prolungata fatta da un santone tibetano. Si può comunque tentare (e agli Dèi va anche bene) di creare abbastanza energia psichica tramite il puro intendimento. Quindi, quando offrite un sacrificio, qualunque cosa sia (poesia, canto, frutta, pezzi di legno, incenso, olio, checchessia) non limitatevi a buttarlo nel fuoco pensando che verrà letto, osservato, mangiato o roba simile. È ridicolo oltre che inutile. Concentratevi, datevi agli Dèi come gli Dèi si daranno a voi.
P.S. Se avete optato per i tre altari (Terra, Cielo, Acqua) ricordate che questa particolare offerta va presentata sempre e solo al Fuoco.
Divinazione
Dopo aver presentato l’offerta alla divinità o alle divinità cui è dedicato il rito, in genere si interroga il divinatore. La pressione è tutta su di lui, adesso: con assoluta calma e precisione millimetrica, dovrà interrogare i suoi oracoli favoriti (rune, ogham, ossicini, vattelappesca) e dirci se la suddetta divinità ha accettato o meno il sacrificio. Se la risposta è subito “sì” si va avanti; se è “no”, bisogna ripetere i sacrifici e ritentare la sorte. Al terzo “no” significa che la divinità, per ragioni sconosciute, non è incline ad assisterci e dunque la cerimonia va subito alla chiusura. Tanti auguri.
Meditazione e ricezione della benedizione divina
O, in altri termini: prendersi un minuto di tempo per: 1) riflettere sulle proprie necessità personali; 2) riflettere sulle necessità del gruppo; 3) indurre noi stessi in uno stato di ricezione.
Così come accaduto in precedenza, anche adesso la benedizione della divinità fluisce all’interno della coppa dell’Acqua (o idromele, o wiskey, o birra...) che verrà passata poi di mano in mano per essere bevuta dai partecipanti (in questo caso, l’aspersione non è un valido sostituto).
L’energia ricevuta sarà più forte e chiara rispetto alle precedenti (una vera batosta, sotto certi aspetti); eseguendo una serie di esercizi di respirazione particolari (fate yoga? Bene: mi avete capita) potrete essere in grado di “riempirvi” di potere proveniente dagli Dèi e, così facendo, ricevere tutto ciò che vi occorre in termini di “guarigione, benedizione, potere, ispirazione”.
Attenti a non strafare.
Affermazione del successo
In due parole, l’affermazione del successo” significa dire ad alta voce: “Ce l’abbiamo fatta, siamo benedetti”. Perché? Per evitare, in primo luogo, di restare inutilmente in trepidante attesa; in secondo luogo, serve a dire a noi stessi, al nostro inconscio, “Abbiamo raggiunto l’obiettivo”. Tale frase, che sembra insignificante, andrebbe invece detta persino ad alta voce, così da permettere il processo successivo:
Recupero
Da quando si è creato l’Axis Mundi, ci si è mossi in uno spazio “tra i mondi”, a metà tra l’Universo e il mondo terreno. Adesso, è necessario tornare con “i piedi per terra”. In pratica, si riporta l’attenzione al mondo mortale con calma e senza troppa fretta, ognuno portando con sé il ricordo di ciò che ha fatto, percepito e ricevuto. È una fase delicata da non prendere alla leggera: l’energia e il potere sperimentati danno alla testa e il desiderio di restare in quella condizione beata potrebbe sopraffarvi!
Ringraziamento alle divinità e ai Kindreds
In previsione della chiusura dei Cancelli e del rito stesso, si ringraziano le entità invocate e invitate partendo dall’ultima e finendo con la prima. Si avranno così: la divinità o le divinità cui era dedicato il rito; gli Dèi invitati come Kindreds; gli Antenati; i Sidhe (o, per chi avesse chiamato prima gli Antenati e poi i Sidhe, si salutano all’inverso), quindi, se chiamata, viene salutata Brighid. Attenzione a non dire mai cose tipo “siete congedati”! Gli Dèi, i Kindreds in generale non si congedano! Non sono vostri servi e non lo saranno mai. Piuttosto, ringraziateli e stop.
Salutando il Gatekeeper, effettivamente i cancelli verranno chiusi, ma è una buona idea chiedergli (o chiederle) di farlo.
Meditazione: “decentramento”
Ovvero, uscire da quello stato di armonia e sintonia assoluta nel quale vi trovavate (si spera) dal momento in cui avete effettuato il “Groupmind”. Inoltre, effettuando le tre meditazioni al rovescio è anche possibile “scaricare” l’energia in eccesso.
Anche questa fase, come quella del “recupero”, va presa con serietà e con calma. Non vogliamo una massa di robot in uscita da un luogo di culto, OK?
Libagione e deconsacrazione
A questo punto, ciò che avevate preparato come sacrificio “fisico” (frutti, ortaggi, rami in fiore o altre cose tassativamente naturali in grado di decomporsi senza inquinare) e non usato come sacrificio (magari vi aspettavate un paio di “no” e invece è filato tutto liscio come l’olio) va restituito alla Terra. Anche ciò che rimane dell’Acqua della Vita (l’ultima benedetta dalla o dalle divinità invocata/e per l’occasione) andrebbe versata al suolo o sul Fuoco. Se avete pensato ad un banchetto post-rituale, potete decidere di conservare un po’ di Acqua da mischiare a ciò che berrete (tanti auguri ai cocktail!), ma non pensate di bere l’Acqua della Vita solo per “non sprecarla”. Non è “spreco” ritornare l’Acqua alla Terra o al Fuoco: è segno di amore, di rispetto, e dice chiaramente che capite quando è il momento di smettere di prendere e iniziare a dare.
Alla fine del rito, salutati tutti gli ospiti e restituito ciò che era da restituire alla Terra, lo spazio andrebbe deconsacrato (tranne se non sieta tanto fortunati da possedere uno spazio che sicuramente potrà rimanere sacro e incontaminato) per 1) evitare che estranei vi incappino accidentalmente o volutamente e, sempre accidentalmente o volutamente si “leghino” all’energia di un membro del gruppo o del gruppo in generale; 2) per evitare di preoccuparvi dei fondamentalisti tanto irrispettosi da decidere di commettere sacrilegi nel vostro spazio sacro; 3) dire ancora una volta al vostro subconscio che dovete tornare nuovamente al “mondo reale”.
Ricordatevi di spegnere ben bene il fuoco se eravate all’aperto e di ripulire alla perfezione la zona (non lasciate monnezza!!), raccogliete gli strumenti rituali e, se avete commenti da fare, limitatevi a quelli positivi per il momento. Le critiche possono aspettare una giornata intera, giusto per non “sgonfiare” l’umore di tutti i presenti così a caldo.
L’importanza della gioia
Ad ogni modo, qualunque cosa facciate, ricordatevi questo: un rituale è una cosa seria, è vero, ma non è tanto seria da dover risultare un dramma o da dover essere eseguita con meccanica efficienza. La gioia è importante. Sbagliate qualcosa? Fregatevene, in quel momento, non fatene un dramma. Lasciatevi prendere dal ritmo e se, durante il rito, sentite la voglia di darvi alla danza, fatelo: è l’ispirazione divina, usatela! Certo, evitiamo le buffonate. Misura, tecnicismo, gioia del fare, del dare e del ricevere. Alla fine, sappiatelo: gli Dèi saranno lì a guardarvi, dunque date loro un bello spettacolo da osservare!

Buona parte del testo tratto da http://www.adf.org/rituals/explanations/stepbystep.html from Isaac Bonewits

Spero sia riuscita a spiegarmi abbastanza chiaramente.
Chiedo ancora scusa per questo ritardo e, postato questo articolo, mi getto subito sul prossimo che tratterà la scelta e l’allestimento del luogo rituale nonché il perché si effettua un rituale. “E il rituale???” chiederete voi. Lo so, lo so, sono imperdonabile. Che poi, onestamente, avevo detto che avrei festeggiato il 4 febbraio? Sì? Beh, ci ho ripensato. Perché? Questione di lune. Spiego meglio dopo, che già sto post è un romanzo!

Alla prossima,
B.B. /|\
Lex



1 commento:

  1. sempre un piacere leggerti anke in questi termini "poco noti"! solo un paio di annotazioni se nn ti disturba:
    1 la finisci di iniziare cn una rikiesta di perdono? fa specie :)
    2 interessante l'idea "sientifica" del "casino pazzesco" del big bang! in effetti,lo sai,senza il kaos la gravità non avrebbe potuto aggregare la materia xkè tutte le particelle sarebbero state attratte le une alle altre con uguale intensità,xciò..sì, ci sta (velo pietoso sul resto XD)
    3 cm rappresentante del succitato "kaos" ringrazio x le gentilezze (faccio parte della zona "caos",no?)
    4 se nn ho capito male lo scopo sarebbe "ricreare il cosmo" (tutto il discorso del big bang,il caos,l'ordine,prima e dopo..),ok? be',scusa,ma l'idea di segnare prima i confini,poi andare a kiedere al caos di stare fuori e poi creare il mesocosmo non mi convince molto. come prima tappa, il "tempo" è perfetto...se lo intendi come "intenzione di..". il "tempo" in sè dovresti saperlo è una curvatura dello spaziotempo causata da un campo gravitazionale quindi no massa (quindi mondo già fatto e finito) no tempo! come seconda tappa,dopo l'intenzione verrebbe l'emanazione...o più appropriatamente il "BOOM!" (tanto x rifarmi alla tua splendida immagine!); all'emanazione segue l'ordinamento del caos (cabala:il ritiro e la kreazione del vuoto) e quindi l'aggregazione della materia in "mondo". quindi scusa ma io direi:prima il tempo,poi gli estranei,poi lo spazio.
    5 ubriacatura di birra??? e invitami!! (LOL)
    6 axis mundi,ovvero il mesocosmo...non ti ricorda la parola "dimensione"? e com'era "tempo,spazio,dimensione".ok,vekkia cantilena,xò mi viene da dire l'axis mundi subito dopo lo spazio.
    7 la questione della madre terra e dell'armonia.secondo me dipende da come vuoi interpretare la cosa. a) stile tolkeniano del silmarillion in cui il canto comune degli ainur di fatto crea il mondo,porta il momento "armonia" prima dello spazio, se si vuole "creare" l'intera creazione ovviamente inclusa la terra. b) stile "agisco come collettività" allora dove capita ma io sarei per metterlo prima dell'invokazione alla terra. la madre terra la invokerei ovviamente dopo l'axis mundi (siamo a tempo,spazio,dimensione (axis mundi), (armonia?) terra...sarò il kaos impersonato ma a mio avviso mi pare più sensato u.u)
    8 non si gira mai in senso antiorario!!
    9 contesto il "non carino". troppo perbenista,non mi piace in generale e peggio ankora da parte tua u.u direi piuttosto "inutile" dato ke appunto si può ottenere lo stesso rilascio di energia con un orgasmo. LaVey insegna.. u.u
    10 la "questione delle lune"?? sarebbe a dire?
    aspetto il prossimo con impazienza xkè voglio proprio capire il xkè del pozzo eccetera anke se già me lo immagino..
    un bacissimo!!

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